L’ecopsicologo del benessere

Identikit di un nuovo professionista dell’aiuto psicologico che lavora sull’ampliamento del benessere dell’individuo radicandolo in quello dell’Ecosistema Terra di cui è parte.

Ecopsicologo del benessere

Partiamo dall’inizio: lo psicologo del benessere

La Psicologia del Benessere (benessere, ossia “stare bene/esistere bene”) è il settore della Psicologia che focalizza la propria attenzione sulla salute psichica, invece che sul malessere, aiutando le persone nella propria crescita interiore, nella valorizzazione del proprio potenziale, nel rafforzamento delle proprie risorse individuali e sociali, nella responsabilizzazione verso i propri processi di cambiamento, nell’acquisizione di un maggior equilibrio interno e, in generale, nello sviluppo di uno stato di benessere nei diversi aspetti della propria esistenza.

Si tratta di quella parte della Psicologia, dunque, che si impegna da un lato nella prevenzione del disagio, attraverso il potenziamento delle risorse psicologiche del soggetto, e dall’altro lato nella promozione di condizioni che favoriscano una sua duratura salute psicofisica attraverso interventi che non mirino soltanto alla risoluzione di una situazione particolare ma che contribuiscano, invece, alla maturazione psicologica del soggetto affinché acquisisca le competenze necessarie per poi affrontare e gestire, autonomamente, le diverse richieste e sfide della vita di tutti i giorni.

Lo stare bene, pertanto, viene concepito dalla Psicologia del Benessere come un percorso a tappe finalizzato a vivere la propria quotidianità con pienezza, presenza e consapevolezza. Si tratta, quindi, di un processo dinamico, in continua evoluzione, che coinvolge sia la psiche che il corpo.

La psicologia del benessere vuole essere un approccio globale all’automiglioramento e allo sviluppo del potenziale umano. [...] ma è anche qualcosa di più: è un processo di crescita che si muove in armonia con i ritmi evolutivi della natura. [...] Scoprire le proprie potenzialità ed aspirazioni aiuta ad aumentare la capacità di armonizzarsi con il ritmo spesso sfrenato della nostra vita e a migliorare la qualità delle nostre relazioni interpersonali. Quando si è “centrati” in questo modo è più facile anche prendere decisioni che siano realmente in sintonia con i nostri desideri più profondi e il nostro senso di giustizia interiore. [...] La psicologia del benessere può aiutarci a ritrovare il punto di equilibrio della nostra esistenza e ad attivare i nostri talenti nell’affrontare la realtà. (dal libro “La psicologia del benessere”, Ed. Tecniche Nuove)

È ovvio che ogni individuo associa alla parola “benessere” un diverso significato – essere felice, stare bene in salute, non avere problemi economici, poter viaggiare ecc. – e, di conseguenza, la Psicologia del Benessere, nel pieno rispetto della soggettività della persona, propone che ognuno, superando falsi bisogni, condizionamenti limitanti e meccanismi di autosabotaggio, riesca a capire quali sono le cose veramente importanti per la propria esistenza. Più che sulla quantità di vita, quindi, l’accento viene posto sulla sua qualità (perciò non quanti anni viviamo ma come li viviamo). Da questo punto di vista il “sentirsi bene” e il “buon vivere” diventano un percorso assolutamente personale che dipende dalla proprie caratteristiche ed esperienze e che delinea, di conseguenza, un concetto di benessere non più predefinito e standardizzato.

Il contributo pratico di questa disciplina consiste, allora, nella ricerca del significato per­sonale da attribuire al proprio benessere, così come la messa in atto di modalità che permettano di conseguirlo e di mantenerlo nel tempo. Gli obiettivi che si pone la Psicologia del Benessere, pertanto, sono:

  • Migliorare la qualità della vita dell’individuo
  • Fargli approfondire la conoscenza di se stesso
  • Permettergli di sviluppare positivamente le proprie caratteristiche di personalità
  • Fargli ampliare il suo livello di autoconsapevolezza
  • Potenziare le sue risorse psicofisiche (in condizioni non patologiche)
  • Fargli acquisire strategie comportamentali adatte al suo benessere
  • Fargli raggiungere un miglior equilibrio nella gestione del quotidiano
  • Favorire la sua autorealizzazione
  • Sviluppare la sua capacità di dare nuovi significati agli eventi della sua vita
  • Sviluppare, in generale, le cosiddette “life skills”, ossia quelle abilità cognitive, emotive e relazionali – consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress, comunicazione e relazioni efficaci, empatia, pensiero creativo, pensiero critico, presa di decisioni, risoluzione dei problemi – che gli consentono di operare con competenza sia sul piano individuale che su quello sociale

Facendo leva sulla capacità del cervello di cambiare per realizzare il potenziale interiore e sulla piena fiducia delle potenzialità dell’individuo di autoaiutarsi e di mettere in atto cambiamenti positivi ed efficaci, quindi, la finalità ultima della Psicologia del Benessere è far sì che egli diventi protagonista del proprio percorso di trasformazione personale, attraverso una sua concreta attivazione e partecipazione, e pienamente autosufficiente all’interno della propria vita. Questo costituisce la condizione di base per entrare in contatto con il proprio io autentico, che “rivelerà” al soggetto, volta per volta, ciò di cui ha veramente bisogno.

L’uomo sembra aver dimenticato la capacità di conoscersi e di dirigersi, qualità peraltro che dovrebbe essere naturale. Vivendo in modo talvolta meccanico e frettoloso ha diminuito la propria consapevolezza a favore di una modalità di vita attenta più alle soddisfazioni materiali di desideri creati da altri, che all’ascolto delle proprie esigenze ed aspettative. Pur svolgendo con successo tante attività, spesso paga dei prezzi molto alti per questa mancanza di consapevolezza. Molti rinunciano alla propria autorealizzazione credendo di non essere all’altezza di compiti che invece potrebbero concretizzare e spesso si rifugiano nelle illusioni del benessere, che si rivelano tali quando fa capolino quel certo malessere che a volte si esprime con un indefinibile disagio, a volte con la malinconia, o con veri e propri disturbi. (dal libro “La psicologia del benessere”, Ed. Tecniche Nuove)

Lo psicologo del benessere, dunque, indirizza la sua attenzione verso l’autonomia dell’individuo e lavora per lo sviluppo del suo potenziale personale creando possibilità che gli permettano di entrare in contatto con il suo mondo interiore. Questa, ovviamente, come fa notare lo psicologo Luigi Mastronardi nel suo libro “Il benessere con la psicologia” (Ed. Tecniche Nuove), è meta di tutte le proposte di intervento psicologico, ma l’interesse maggiore della Psicologia del Benessere si concentra sul promuovere uno stato psichico e una qualità di vita che permettano all’individuo di sentirsi soddisfatto e realizzato.

Due concetti chiave alla base del lavoro dello psicologo del benessere sono che:

  1. La salute è più della semplice assenza di malattia. La salute, ha definito l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è uno stato di completo benessere che non va inteso solo come assenza di malattia o infermità ma, invece, come stato di equilibrio tra le componenti bio-fisiche, mentali e sociali. Grazie ad un buon livello di salute, si trova scritto poi nella Carta di Ottawa (documento redatto nel 1986 durante la prima “Conferenza internazionale per la promozione della salute”) l’individuo e il gruppo devono essere in grado di identificare e sviluppare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare l’ambiente ed adattarvisi.
  2. Psiche e corpo sono un’unità e, pertanto, è necessario valorizzare l’importanza degli scambi comunicativi tra queste dimensioni. Quando parliamo di unità tra corpo e psiche, ha sostenuto lo psicoanalista italiano Aldo Carotenuto, intendiamo dire che, perché vi sia salute psicofisica, il corpo deve effettivamente manifestare ed esprimere ciò che tutto l’individuo sente, con il cuore e con la testa.

Essendo il concetto di benessere multidimensionale, le motivazioni che possono spingere una persona a rivolgersi ad uno psicologo del benessere sono molteplici. Ne sono un esempio il voler:

  • Migliorare: il proprio livello di autostima, la qualità delle proprie relazioni, la capacità di comunicare in modo assertivo, la capacità di parlare in pubblico ecc.
  • Imparare: ad accettare i diversi aspetti di sé, a gestire lo stress, a gestire le emozioni, a gestire le fasi di cambiamento, a gestire le proprie energie psicofisiche, a definire e raggiungere degli obiettivi ecc.
  • Superare: blocchi mentali, disturbi psicosomatici, difficoltà di apprendimento, difficoltà ad orientarsi nello studio o nella professione, crisi di passaggio (menopausa, pensionamento, maternità, divorzio…) ecc.
  • Sviluppare: un maggiore senso di empowerment, un maggiore senso di autoefficacia, la resilienza, la capacità di leadeship

È sottinteso, naturalmente, che ogni psicologo del benessere avrà il suo paniere di offerte create in base alla propria formazione e ai propri interessi. Non è detto, quindi, che si occupi di tutte le tematiche sopra citate.

Se perseguiamo la ricerca dell’equilibrio psicofisico e quindi di una armonia di corpo e mente, tenderemo non solo a diventare persone “equilibrate” ma anche a essere capaci di gestire e vivere l’affettività e le relazioni. L’arte del buon vivere contempla l’attenzione all’equilibrio e al benessere della persona che sviluppa nella vita quotidiana un maggiore senso di pienezza grazie all’armonizzazione di momenti essenziali e interconnessi della vita quotidiana: la cura di sé, delle relazioni, del corpo e della mente... [...] Nell’era contemporanea una persona equilibrata si occupa del proprio benessere ed equilibrio psicofisico. È una persona che pone attenzione e cura a vari aspetti della propria persona e della propria esistenza (ambiente, alimentazione, corpo, equilibrio psicologico). È una persona consapevole che il proprio benessere è frutto dalla cura quotidiana che dedica a piccoli aspetti concreti. Poche e semplici regole per realizzare il buon vivere nel quotidiano. Atti costanti e consapevoli che vanno dalla cura di sé alla cura della relazione. Una persona equilibrata, dunque, è in grado di valutare il proprio grado di benessere e di imprimere una direzione personale alla propria vita. È inoltre una persona che tende a stare bene sia con se stessa sia con gli altri. (dall’articolo “Equilibrio mentale e benessere: cosa significa essere persone equilibrate”, www.planetmagazineblog.it)

Oggi, quello che i dati statistici dimostrano, è che la domanda di benessere proviene da una variegata tipologia di persone sempre più consapevoli che il benessere dipende da una diversità di fattori – fisici, psicologici, ambientali – strettamente intercorrelati tra di loro e che non è sufficiente fare una vacanza o recarsi in un centro termale una volta ogni tanto ma, piuttosto, acquisire strumenti che permettano di ripristinare in autonomia il benessere che si sente di perdere durante la giornata.

Facciamo un passo in avanti: l’ecopsicologo del benessere

Delineato chi è e cosa fa uno psicologo del benessere, arriviamo a definire l’identikit dell’ecopsicologo del benessere. Come è facilmente intuibile, un ecopsicologo del benessere fa quello che fa uno psicologo del benessere con in aggiunta la dimensione “ecologica”.

Questo, in pratica, significa che ai due livelli di lavoro di crescita personale di cui si occupa lo psicologo del benessere – il livello intrapersonale (la propria dimensione interiore) e il livello interpersonale (il rapporto con gli altri) – l’ecopsicologo del benessere ne aggiunge un terzo, il livello planetario (il rapporto con il mondo).

Ecopsicologo

Sono ormai diversi gli studi che dimostrano che ritrovare il contatto con gli spazi verdi sia una medicina potente, in grado di migliorare il benessere sul piano sia fisico che psicologico. Le persone se ne rendono sempre più conto e, infatti, sono molte quelle che sentono l’esigenza di fare ritorno alla Natura. Le ragioni che le spingono a scegliere stili di vita maggiormente in sintonia con il mondo naturale sono molteplici: fuggire dallo stress quotidiano, riscoprire ritmi di vita più equilibrati, seguire un’alimentazione più sana, prendersi cura di un giardino, coltivare un orto, abitare in una casa più ecologica, scegliere mete di viaggio naturalistiche, entrare in contatto empatico con gli animali, contribuire alla conservazione dell’ambiente ecc.

Il principio di fondo ci dice che il benessere e la salute di uomini e donne sono inscindibilmente legati al benessere e all’equilibrio della natura, intesa come un tutto vivente. Gli esseri umani non sono una specie superiore rispetto alle altre. Non siamo al vertice di nessuna piramide; siamo naturali, siamo animali, siamo ciclici e temporanei. Siamo parte di un sistema ecologico più ampio di noi, nel quale viviamo, o dovremmo vivere, connessi e in armonia. L’habitat, l’ambiente in cui viviamo, non è nostro, lo condividiamo con una moltitudine di altre creature viventi, che dobbiamo rispettare. (dall’articolo “Ecopsicologia e creatività”, www.righerosse.it)

Il “bisogno di Natura”, quindi, si declina in molti modi diversi e, alla sua radice, c’è il percepire non solo la voglia, ma sopratutto l’esigenza vitale, di riappropriarsi di una coscienza e di un’identità più ampie che sappiano abbracciare il Pianeta in cui si vive e di cui si è parte integrante.

L’Ecopsicologia ha intercettato questa esigenza e, non a caso, “noi siamo la Terra” è il concetto chiave su cui si basano le sue proposte d’intervento in ambito non solo psicologico, ma anche educativo e formativo. Questa disciplina, come ha definito l’American Psychological Association (l’organizzazione scientifica e professionale che rappresenta gli psicologi negli Stati Uniti) “esplora l’interdipendenza psicologica tra gli esseri umani e il resto della natura, e le implicazioni per l’identità, la salute e il benessere”.

L’ecopsicologia mira a sensibilizzare e coltivare una visione più ampia della realtà umana, a prenderci la responsabilità come specie intelligente di applicare le nostre risorse con un’ottica globale, planetaria, ecosferica, di vivere per quello che siamo: esseri viventi su un pianeta che ci ospita. Non abbiamo completamente dimenticato chi siamo, dobbiamo solo aiutarci a ricordarlo e metterlo in pratica, per preservare il miracolo della vita che è sotto i nostri occhi e che potrebbe essere, per quanto ne sappiamo, l’unico in tutto l’universo. (dal sito www.argentieri.eu)

In questo quadro il ruolo dell’ecopsicologo del benessere è accompagnare l’individuo ad un processo di crescita e di maturazione interiore volto ad innescare un contatto di maggiore profondità con la propria vera natura, e un conseguente incremento della qualità della propria vita, attraverso un rafforzamento del rapporto con il mondo naturale che lo circonda.

Ogni ecopsicologo del benessere, naturalmente, nel portare avanti questo lavoro, definirà il proprio modello operativo, ovvero il proprio modo di fare Ecopsicologia, individuando e sviluppando una propria pratica personale che nutra e sostenga la capacità della persona di:

  1. Riallinearsi al proprio ecosistema interiore
  2. Esplorare  il proprio livello di connessione con la Natura
  3. Trovare la propria via di riarmonizzazione ai ritmi naturali
  4. Definire il proprio modo di attivarsi a favore del Pianeta

L’ecopsicologo è uno psicologo che facilita il percorso di autoconoscenza e la crescita delle persone promuovendo al contempo una maggiore coscienza ambientale. Quello che caratterizza il suo lavoro è l’esplicito riferimento a una visione dell’essere umano inteso come parte del processo della vita. Nel suo lavoro invita ad ampliare i confini della spesso limitata percezione che le persone hanno di sé, sia come individui sia come sapiens. La natura c’è sempre, come metafora o come setting all’aperto, e facilita il contatto della persona con la sua interiorità. Attraverso il contatto con la natura è più facile ‘incontrare se stessi’, e conoscendo meglio se stessi diventa più facile riconoscere la nostra più ampia e profonda identità, quella che ci caratterizza come “terrestri”. (dall’articolo “Incontrare se stessi” di Consuelo Vignarelli nella rivista Stare Meglio)

A differenza di altri approcci psicologici aventi un corpus di strumenti e di tecniche standardizzate a cui il professionista può attingere, infatti, nel caso dell’Ecopsicologia molta libertà viene lasciata al singolo operatore di creare, ovviamente partendo da determinati presupposti di base, esercizi, attività e percorsi che facilitino nelle persone una maggiore presa di coscienza, sia personale che ecologica, e il raggiungimento di un ottimale livello di benessere psicofisico radicato nel più vasto benessere dell’intero ecosistema terrestre di cui è parte. La Natura, ovviamente, nelle sue molteplici sfaccettature, è la co-conduttrice delle attività dell’ecopsicologo del benessere (ma, comunque, di qualsiasi ecopsicologo indipendentemente dal contesto in cui opera).

Lavorare al proprio benessere in un’ottica ecopsicologica, quindi, significa nel contempo impegnarsi per raggiungere obiettivi che favoriscano il ripristino del proprio rapporto con l’ambiente naturale e, come inevitabile positiva conseguenza, la guarigione del suo squilibrio ecologico.

Sappiamo che non stiamo vivendo in modo sostenibile dal punto di vista ambientale, ma non abbiamo ancora capito che non stiamo vivendo in modo sostenibile anche dal punto di vista psicologico. Le nostre risorse psichiche vengono consumate dal nostro attuale stile di vita: l’alto tasso di depressione è a sua volta un sintomo dell’impoverita ‘monocultura’ emozionale a cui molte vite sono state ridotte.

Il concetto chiave è che risvegliando, attraverso un contatto con la Natura, un senso di maggiore presenza al proprio ecosistema interiore, viene risvegliato, nel contempo, un senso di maggiore appartenenza all’ecosistema esteriore. Questo avviene in virtù del fatto che riconoscendo in se stessi i medesimi meccanismi funzionanti nell’ambiente naturale, ci si rende conto di non essere dei semplici osservatori che guardano da fuori ciò che c’è attorno a sé, ma si è invece un tassello dell’intero puzzle chiamato Pianeta Terra.

Lo scopo dell’Ecopsicologia, sia chiaro, non è cambiare l’essere umano, ma la visione che egli ha di sé  e del suo rapporto con il mondo che lo circonda.

L’Ecopsicologia ci aiuta a stare meglio? Sì. Se siamo in armonia con lo spazio esterno, in cui viviamo ogni giorno, ci sentiamo meglio. Il corpo fluisce, la mente si rilassa, migliorano le percezioni, le emozioni, le relazioni. Il processo creativo e il processo di sviluppo e crescita personale sono maggiormente integrati fra loro, è più facile che tutto scorra in sintonia. Quando invece fatichiamo a mantenere un legame con lo spazio naturale, con la nostra fisiologia di esseri viventi, con ritmi lenti, con la vita di altre creature, si generano disarmonie, blocchi, squilibrio. Per questo motivo, comprendere, ridefinire, trasformare e sanare il rapporto tra individuo e ambiente naturale aiuta non solo il singolo, ma l’intero sistema, a stare meglio. Soprattutto nella società contemporanea, che adotta stili di vita innaturali e a volte difficili da sostenere. (dall’articolo “Ecopsicologia e creatività”, www.righerosse.it)

Il grande pregio degli interventi di tipo psicologico svolti nella e con la Natura è di essere una via molto potente per incontrare il proprio vero io sentendo, nel contempo, la forte comunanza che ci lega a tutte le altre forme di vita. In questo modo crescita personale ed ambientale si fondono assieme aiutando le persone non solo a capire che occuparsi bene di sé è il primo passo per occuparsi bene del Pianeta, ma anche a comprendere il loro comportamento come “esseri psicologici” all’interno dei sistemi ecologici.

Lavorare con un ecopsicologo del benessere, quindi, può aiutare a:

  1. Approfondire la conoscenza del proprio inimitabile “paesaggio interiore” usando come bussola di orientamento la Natura.
  2. Riconnettersi ai ritmi della Natura riscoprendo così, non solo un ritmo di vita più salutare, ma anche il senso di ciclicità dell’esistenza che troppo spesso viene ignorato.
  3. Sperimentare i benefici psicofisici che si ottengono dal contatto diretto con la Natura attraverso attività di ecoterapia.
  4. Progettare e rendere attivo il proprio personale modello di vita ecologico offrendo esempi concreti di come incorporare scelte “verdi” nella propria quotidianità.
  5. Risvegliare il proprio istinto biofilo (letteralmente “passione per la vita”, biofilia è un termine coniato per la prima volta dallo psicoanalista tedesco Erich Fromm per descrivere la tendenza psicologica ad essere attratti da tutto ciò che è vivo e vitale, e recuperato poi dal biologo statunitense Edward O. Wilson con la stessa accezione per descrive i legami che gli esseri umani cercano con gli altri organismi viventi) e rinforzare la propria intelligenza naturalistica.
  6. Comprendere il tipo di rapporto che si è instaurato nel tempo con il mondo naturale attraverso la delineazione della propria autobiografia ecologica.
  7. Sviluppare un “senso del luogo” e comprendere come gli elementi degli ambienti di vita – colori, forme, suoni, odori ecc. – siano essi naturali o artificiali, influenzano il proprio benessere.
  8. Allargare il proprio senso di identità maturando un “sé ecologico” che permette di sentirsi parte della diversità della Natura e di come sperimentare in prima persona questa verità significhi attingere ad una profonda fonte di saggezza e guarigione.
  9. Riconoscere nella Natura lo specchio del proprio inconscio (cosa si nasconde nelle profondità di me stesso?) e confrontarsi con gli aspetti di “ribellione” della Natura (disastri/calamità naturali).
  10. Prevenire le difficoltà legate al “disturbo da deficit di natura” prendendo coscienza dell’importanza per lo sviluppo dei propri figli di passare del tempo a diretto contatto con gli ambienti naturali.
  11. Affrontare il proprio “dolore ecologico”, il senso di preoccupazione e angoscia per le problematiche ambientali, riconoscendolo ed esprimendolo chiaramente.
  12. Valorizzare l’anelito spirituale in un ottica di spiritualità terrena e comprendere le esperienze trascendenti vissute in Natura.

Indipendentemente da dove ci troviamo nel cammino della nostra vita, la natura ha la capacità di portarci oltre il sé e crea connessioni significative che fungono da catalizzatore per la trasformazione. È come se la natura parlasse, rendendo visibile e significativo ciò che prima non era stato visto. Un orso diventa un simbolo per la forza interiore, un albero ci ricorda le nostre risorse interne e un’alba è un nuovo inizio. Queste immagini fungono da guide che ci informano dei nostri desideri e priorità e ci invitano ad agire di conseguenza. [...] Incoraggio una relazione con il mondo naturale per aiutare a dare un senso alle proprie emozioni ed esperienze di vita. Passare del tempo in natura favorisce la consapevolezza e l’interconnessione al mondo che ci circonda, offrendo lo spazio per la riflessione introspettiva e il potenziale per la trasformazione. Il modo in cui incontriamo e interpretiamo il mondo naturale crea una narrazione personale che dà significato alle esperienze e alle emozioni permettendoci di sviluppare nuovi modi per comprenderci e sentirci pienamente integrati nella nostra vita. Attraverso il collegamento con il mondo naturale, entriamo finalmente in connessione con la nostra natura “interiore”. Il distress personale può essere alleviato sviluppando il reciproco collegamento tra il dentro e il fuori. (dall’articolo “Nature based counselling”, www.dragonflyhealing.ca)

Naturalmente, anche per l’ecopsicologo vale quanto scritto sopra per lo psicologo del benessere e, cioè, che non è detto che si occupi, attraverso i suoi servizi, di tutte le tematiche che ho appena menzionato (e che, comunque, volevano solo dare una panoramica generale).

Visto che ci siamo, facciamo un altro piccolo passo: liberiamoci da preconcetti e stereotipi!

Tengo ad aggiungere questo ultimo paragrafo al mio articolo perché, purtroppo, rispetto alla figura dello psicologo è ancora profondamente radicata una visione preconcetta e stereotipata (a cui comunque, va detto, hanno contribuito gli psicologi stessi focalizzandosi troppo sul versante del malessere).

“Dottore dei matti”, “colui che aiuta chi è fuori di testa” o “quello da cui si va quando non si ha spina dorsale” sono forse le definizioni più in auge quando ci si riferisce allo psicologo e questo, fondamentalmente, è dovuto al fatto che quando le persone pensano allo psicologo viene loro in mente subito il professionista che lavora nel contesto clinico (Servizi per le Tossicodipendenze, Centri di Salute Mentale, Strutture per i Disturbi del Comportamento Alimentare ecc.) e, non di rado, tendono a sovrapporlo ad altre figure professionali: lo psicoterapeuta e lo psichiatra. È la dimensione “psicopatologica”, dunque, che nell’immaginario sociale ha la meglio.

Lo psicologo è il medico dei coraggiosi, di quelli che hanno la forza di guardare in faccia i propri limiti e sensibilità, ammetterli, considerarli e mostrarli, trasformando la paura in coraggio e assumendosi la responsabilità del proprio cambiamento. La vera forza non è nascondere le proprie debolezze, ma saperle accettare e iniziare a lavorare per migliorarle. (dall’articolo “Perché lo psicologo?”, www.psicologo-milano.it)

Nella visione comune, quindi, si manca di cogliere chiaramente che quando si parla di Psicologia ci si sta riferendo ad un campo molto vasto che contempla moltissimi settori d’azione. Proprio per questo motivo, all’appellativo “psicologo” viene solitamente fatto seguire un termine che ne specifica l’area d’interesse: psicologo clinico, psicologo sociale, psicologo dello sport, psicologo della salute, psicologo ambientale, psicologo forense, psicologo del lavoro, psicologo dell’infanzia ecc.

Quello che fa uno psicologo che lavora nel settore clinico (ossia occuparsi di attività di prevenzione, valutazione, diagnosi, consulenza, riabilitazione e sostegno a situazioni di disagio personale o sociale), quindi, è molto diverso da quello che, ad esempio, fa uno psicologo che collabora con agenzie pubblicitarie (ossia occuparsi di attività legate all’elaborazione di strategie di marketing, sondaggi di opinione e pubblicità). Ogni campo d’azione, pertanto, definisce formazione, compiti, competenze e metodologie differenti.

L’inevitabile conseguenza di questa visione dello psicologo unicamente associata alla dimensione del malessere e della patologia, fa sì che chi cerca un aiuto per soddisfare un bisogno, migliorare il proprio stato di benessere psicofisico o risolvere una difficoltà “non patologica” (come è, invece, nel caso di disagi psichici più strutturati quali la depressione, gli attacchi di panico, le psicosi, i comportamenti autolesionistici, i disturbi di personalità ecc.), si rivolga ad altri professionisti che, con titoli diversi, si occupano della dimensione psicologica.

Quindi, tanto per fare un po’ di chiarezza, vediamo di capire chi è lo psicologo. Lo psicologo è:

  • Un promotore di benessere
  • Un facilitatore di consapevolezza
  • Un attivatore di risorse

Per capire meglio, ti riporto la prima parte di due Articoli del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani:

Nell’Articolo 3 c’è scritto: “Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace”.

Nell’Articolo 4, invece, c’è scritto: “Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socioeconomico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità”.

Questi due Articoli mettono in rilievo due punti spesso fraintesi dalle persone nel pensare allo psicologo:

  1. Il compito dello psicologo è promuovere benessere psicologico e non curare la malattia mentale. Qualunque sia il suo contesto d’intervento, quindi, si impegna ad aiutare una persona (o un gruppo) a diventare più consapevole dei propri processi interiori e a sviluppare attitudini più costruttive in modo da poter migliorare la propria vita.
  2. Lo psicologo non ha un ruolo direttivo nel rapporto con il proprio paziente/cliente – devi fare questo, non devi fare quello – ma lavora nel pieno rispetto della sua capacità di autodeterminarsi. Uno psicologo, quindi, lungi dall’essere un manipolatore o un lettore della mente, non porta in luce nulla che il soggetto non sia già predisposto a riconoscere in se stesso. Lo aiuta a trovare i suoi significati e, pertanto, non fornisce interpretazioni preconfezionate su quello che prova, che dice o che fa.

Sia chiaro che questa mia precisazione non è volta a sminuire le altre figure professionali che si occupano di benessere psicologico, ma mettere un po’ di ordine in una visione spesso troppo confusa rispetto chi è e cosa fa lo psicologo!

NOTA BIBLIOGRAFICA. Oltre ai libri e agli articoli già citati nel testo, ho consultato anche gli articoli di Luigi Mastronardi “Lo psicologo del benessere” (www.luigimastronardi.it) e “Psicologia del benessere” (www.psicolinea.it) e l’articolo di Leonardo Milani “Cos’è la psicologia del benessere” (www.psicologiadelbenessere.it)

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