Ecopsicologia: la psicologia al servizio del pianeta

Nata per risvegliare la Psicologia dal suo torpore in ambito “terapeutico”, oggi l’Ecopsicologia si configura come un approccio multidisciplinare volto a favorire lo sviluppo di una maggiore consapevolezza personale ed ecologica in tutti i contesti di vita.

ecopsicologia la psicologia al servizio del pianeta

Ecopsico… cosa? Una definizione di Ecopsicologia

L’Ecopsicologia, nuovo campo d’indagine nato in ambito psicologico, sostiene l’esistenza di una relazione sinergica tra benessere personale e benessere planetario e che, le esigenze dell’uno, siano rilevanti anche per l’altro. Suggerisce quindi che, connessa alla crisi ecologica che stiamo vivendo, esista una crisi interiore, psicologia e spirituale, che origina proprio dal nostro senso di separazione dal mondo naturale. Anziché considerare la crisi ecologica come una crisi “là fuori” nel nostro ambiente fisico, quindi, l’Ecopsicologia riconosce che la coscienza umana è strettamente coinvolta nel creare e nel mantenere tale stato di crisi.

La crisi ambientale è una manifestazione esteriore di una crisi della mente e dello spirito. Sarebbe un grave errore pensare che essa riguardi solo le forme di vita selvatiche minacciate d’estinzione, le brutture delle produzioni artificiali e l’inquinamento. Questi sono solo sintomi della crisi. In realtà la crisi riguarda il tipo di creature che vogliamo diventare e che cosa dobbiamo fare per poter sopravvivere.

La Terra, lungi dall’essere semplicemente un’enorme sfera fluttuante nello Spazio, è un sistema vivente di cui gli esseri umani sono parte integrante. Siamo pertanto interconnessi con essa e con tutta la vita e, di conseguenza, ci ricorda l’Ecopsicologia, né i problemi della Terra né quelli dell’umanità possono essere risolti senza tenere pienamente conto di questa interconnessione.

Esaminando i processi psicologici che ci uniscono o ci allontanano dal mondo naturale, quindi, l’Ecopsicologia tenta di capire e guarire il rapporto Uomo-Natura e, nel contempo, di colmare il divario esistente tra Psicologia ed Ecologia. L’elemento chiave per favorire tutto questo è riconoscere che le esigenze e i diritti delle persone sono esattamente gli stessi del Pianeta.

L’uomo si sente isolato nel cosmo, perché non è più coinvolto nella natura e ha perso la sua emotiva “identità inconscia” con i fenomeni naturali. Il suo contatto con la natura è scomparso e con esso è scomparsa la profonda energia emotiva che questa connessione simbolica forniva.

Dovendone dare una definizione, pur tenendo presente che l’Ecopsicologia è una disciplina giovane e in continua evoluzione, la si può definire lo studio del rapporto tra la psiche umana e l’ambiente naturale o, per dirla con le parole dell’ecologo australiano John Seed, “una psicologia al servizio della Terra”. Tre presupposti di base che la ontraddistinguono sono i seguenti:

  • Esiste tra l’essere umano e la Natura un legame innato profondamente radicato
  • L’illusione di essere separati dalla Natura porta alla sofferenza sia personale che ambientale
  • La via di guarigione, per l’uomo come per l’ambiente, è il riconoscimento del legame che li unisce

Scopo dell’Ecopsicologia, dunque, è quello di far sì che si risvegli negli esseri umani, attraverso una presa di coscienza, la consapevolezza dell’innato rapporto che li lega alla Terra in modo che, in onore di questo rapporto, possano “ricordare” che la salute della Terra è la loro stessa salute. Il primo passo è cominciare dal rapporto che si ha con se stessi per arrivare, gradualmente, ad una visione di maggiore respiro del Pianeta e di tutti i suoi abitanti.

L’Ecopsicologia, però, lungi dall’essere un sistema chiuso di tecniche o procedimenti, rappresenta soprattutto una direzione che partendo da alcuni presupposti di base invita i singoli individui, qualsiasi sia l’ambito in cui lavorino od operino, ad attivarsi e a mettere in atto strategie ed iniziative concrete per un risveglio, individuale prima e planetario poi, di un senso di compartecipazione alla Vita.

L’ecopsicologia è un nuovo campo che pone tutte le questioni psicologiche e spirituali nel contesto della nostra appartenenza al mondo naturale. È un progetto per reimmaginare la psiche alla luce di una visione ecologica della realtà e, quindi, per trasformare completamente la teoria, la pratica e l’autoimmagine della psicologia. Come una psicologia ecologicamente revisionata, l’ecopsicologia è una psicologia per l’attuale momento storico, con tutte le sfide personali, politiche e planetarie che abbiamo ora di fronte.

La principale caratteristica dell’Ecopsicologia è che il suo intento va oltre la sola guarigione del singolo individuo, ma contempla un progetto culturale molto più vasto il cui obiettivo è ridefinire il rapporto tra l’ambiente naturale e la salute mentale del nostro tempo. Si tratta, quindi, di una disciplina che è più di una semplice pratica accademica, ma è parte di una missione di guarigione che riconosce ed onora l’evidenza che la salute della nostra Psiche dipende dalla salute collettiva di tutti i regni viventi presenti sulla Terra.

Ci viene offerta l’opportunità, perciò, di guardare a noi stessi da un diverso punto di vista in cui la Natura, e tutto ciò che le appartiene, non viene più concepita come semplice oggetto da osservare o da sfruttare ma, al contrario, come specchio in cui riflettersi e riconoscersi. In questo senso, “lavorare su di sé” diventa il primo grande contributo che ognuno può offrire al mondo e alle problematiche ecologiche.

L’inizio della storia. Nascita e diffusione dell’Ecopsicologia

Ufficialmente, la nascita dell’Ecopsicologia risale al 1989 quando in California, all’Università di Berkeley, alcuni accademici – Elan Shapiro (educatore), Alan D. Kanner (psicologo), Mary E. Gomez (psicologa) e Robert Greenway (psicologo) – si riuniscono per creare un gruppo di studio con l’obiettivo di capire come la Psicologia potesse contribuire alla risoluzione della crisi ecologica giunta ormai a proporzioni enormi.

Riconoscendo una stretta relazione tra il crescente disagio esistenziale, evidente a livello sia individuale che sociale, e l’aumento del degrado ambientale, venutosi a creare in parallelo al rapido processo di urbanizzazione e alla conseguente rivoluzione nello stile di vita di gran parte della popolazione mondiale, questi accademici hanno da subito colto la necessità di mettere la Psicologia al servizio di una visione più ampia del malessere che sapesse andare oltre la visione antropocentrica dell’essere umano (dal greco anthropos, uomo, e kentron, centro, l’antropocentrismo è quel pensiero che tende a porre la specie umana al centro dell’Universo e a considerarla superiore rispetto a tutte le altre entità presenti sulla Terra che, di conseguenza, vengono concepite soltanto come risorse ad uso e consumo del benessere umano).

Successivamente, entra a far parte del gruppo anche Theodore Roszak, storico della cultura e docente universitario americano, che favorisce la divulgazione del pensiero ecopsicologico attraverso la pubblicazione, nel 1992, del libro The voice of the Earth. An exploration of Ecopsychology (Phanes Press) e, nel 1995, insieme a Mary E. Gomes e Allen D. Kanner, della raccolta di saggi Ecopsychology. Restoring the earth, healing the mind (Counterpoint Press) che permette alla disciplina di essere presentata al grande pubblico. É lo stesso Roszak a coniare il termine “ecopsicologia” con l’intento di riunire sotto un unico termine filoni di lavoro già esistenti che, pur con nomi diversi – Ecoterapia, Psicoecologia, Psicologia Verde, Counseling Sciamanico, Ecologia Transpersonale -, portavano avanti una comune visione dell’uomo e del mondo. Nel 1994, presso la California State University, nasce l’Ecopsychology Institute ed infine nel 1996, grazie alla pubblicazione del libro La rete della vita (Ed. BUR Rizzoli) del fisico austriaco Fritjof Capra, l’Ecopsicologia conosce la diffusione a livello internazionale.

Ai suoi livelli più profondi, la psiche è legata alla terra. […] Non potremo mai avere un vero benessere su un pianeta malato e l’impegno per la salute individuale passa necessariamente dall’impegno per la salute, a tutti i livelli, del nostro pianeta”. […] Abbiamo bisogno di una nuova disciplina che veda i bisogni della persona e del pianeta come un continuum, e che ci possa aiutare a ristabilire il contatto con la verità che risiede nella nostra comunione con il resto della creazione.

Attualmente l’Ecopsicologia si colloca nel panorama internazionale come movimento spontaneo a cui aderiscono psicologi, psicoterapeuti, counselor, educatori, insegnanti, formatori, ambientalisti e cittadini sensibili alla tematica. Dalla California, da cui è partita, si è diffusa prima di tutto negli Stati Uniti, e nel Canada in particolare (ha sede qui la International Community for Ecopsycology), poi in Europa (Gran Bretagna, Germania, Grecia, Finlandia, Italia, Spagna, Francia), in Sudamerica (Uruguay, Messico, Costa Rica e Brasile) e in Australia.

In alcune Scuole ed Università americane è entrata a far parte dei programmi di studio e, per quanto riguarda l’Europa, viene insegnata ad esempio al Schumacher College (Inghilterra), alla University of Strathclyde (Scozia) e all’Università della Valle d’Aosta. Nel 2004 è stata fondata dalla psicologa Marcella Danon Ecopsiché, la prima scuola di ecopsicologia italiana con sede ad Osnago (Lecco).  Nel 2005, poi, nasce a Neuchâtel (Svizzera) la Società Europea di Ecopsicologia (European Ecopsychology Society, EES) che ora, con 11 paesi aderenti in 4 continenti, è diventa la Società Internazionale di Ecopsicologia (International Ecopsychology Society, IES).

Pur nascendo in ambito terapeutico per “svegliare la Psicologia” e indirizzare i professionisti dell’aiuto a facilitare nelle persone il ripristino di un rapporto più autentico con se stessi anche attraverso un contatto diretto con la Natura, ben presto l’Ecopsicologia ha assunto una connotazione più ampia proponendosi come “allenamento della coscienza” per risvegliare nelle persone una maggiore presenza a se stessi e al mondo di cui sono parte.

Mentre l’ambiente naturale sparisce intorno a noi, perdiamo anche al nostro interno alcuni aspetti selvatici di noi stessi. Il terreno fertile dell’anima si fa sterile, a mano a mano che i canti degli uccelli vengono soffocati dal traffico e l’aroma dei fiori profumati è soppiantato dai gas di scarico. Qualcosa dentro di noi sta morendo mentre si allarga il divario tra uomo e mondo naturale. Avvertiamo una separazione dal mondo che ci circonda e proviamo un senso di povertà crescente nel cuore e nell’anima. È tempo di ricordare chi siamo e di ricostruire il ponte che ci metterà in comunicazione con un mondo dotato di anima.

Proprio per questo l’approccio ecopsicologico viene oggi utilizzato non solo in contesti terapeutici ma anche in ambito educativo, ambientale ed organizzativo. Progressivamente, quindi, sta allargando i suoi confini per coinvolgere tutti coloro che lavorano nell’ambito delle relazioni affinché favoriscano con il loro operato la crescita personale e lo sviluppo di una profonda consapevolezza ecologica, ossia permettano la diffusione di quella che viene chiamata Ecocittadinanza, tra le cui caratteristiche peculiari si possono riconoscere una profonda conoscenza di sé, l’apertura al dialogo, la capacità di fare scelte consapevoli, la fiducia nel potenziale umano, un’ampia visione dell’essere umano, la capacità di relazione empatica, una visione sistemica della realtà, la libertà ed autonomia di pensiero, il rispetto culturale e razziale.

Ma, fondamentalmente, l’Ecopsicologia è una disciplina che si rivolge a tutti i terrestri consapevoli che riconoscono l’importanza di dare il proprio contributo in un momento storico che ci richiede, con urgenza, di aprirci ad una percezione di più ampio respiro nei confronti del mondo di cui siamo parte.

Io Natura. L’inconscio e l’identità nell’ottica ecopsicologica

Se c’è un merito che va riconosciuto all’Ecopsicologia è sicuramente quello di aver introdotto, grazie a Theodore Roszak, il concetto di inconscio ecologico. Esistono diversi ambiti psicologici che, in un modo o nell’altro, guardano all’interazione tra esseri umani e ambiente naturale e, il concetto di inconscio, non è sicuramente nuovo in Psicologia. Ma l’Ecopsicologia ha da subito abbracciato un paradigma più rivoluzionario. Infatti, così come Freud sosteneva che le nevrosi fossero la conseguenza della perdita dei radicati istinti sessuali ed aggressivi, allo stesso modo gli ecopsicologi ritengono che il dolore, la disperazione e l’ansia siano, molto spesso, la conseguenza della perdita degli altrettanto profondamente radicati istinti ecologici. Se io sono parte integrante della Natura, è in lei, o meglio nella mancanza di rapporto con lei, che devo cercare l’origine del malessere.

Nel parlare di inconscio ecologico ci si riferisce alla consapevolezza della profonda unità che ci lega al resto del creato che porta a sapersi riconoscere parte integrante della Natura in diretto collegamento con tutto ciò che esiste. Da questo punto di vista, tutta la Natura diventa il nostro inconscio a cui guardare per comprendere la radice di ciò che siamo veramente, perché è in lei che risiede il nostro Io più profondo (“anima ancestrale” è il termine utilizzato da Jung per indicare quella parte della Psiche che è in armonia con la Natura e la terra in cui viviamo).

La brutta situazione in cui mi trovo forse non riguarda soltanto un umore depresso o uno stato mentale ansioso; forse a che fare con il grattacielo per uffici, chiusi ermeticamente, nel quale lavoro, con il quartiere dormitorio nel quale abito, o con la superstrada sempre intasata sulla quale vado e torno fra i due luogh

L’Ecopsicologia, in questo modo, invita a ricordare, come già sapevano i nostri antenati, che c’è molto di più da conoscere su se stessi oltre a quello che viene rivelato dalla propria storia personale. È chiaro che questo non significa che qualsiasi tipo di disagio psicologico vada necessariamente collegato alla rottura del rapporto con la Natura. Infatti, nonostante aumentino i termini per indicare il disagio e i problemi di salute connessi allo stato di degrado dell’ambiente – ecoansietà, ecoparalisi, disordine da deficit di natura, sindrome psicoterrestre – gli ecopsicologi restano cauti nell’attribuire specifiche patologie al declino ambientale o nel sostenere che disturbi già conosciuti, come ad esempio la depressione, siano esclusivamente dovuti a cause ambientali. Piuttosto, quello che propongono è un nuovo approccio clinico fondato sull’idea che, in un’epoca di crisi ecologica quale è la nostra, l’aiuto psicologico richiede più di quello che offrono gli attuali approcci terapeutici. Richiede, appunto, che le persone vengano facilitate nell’intercettare, nel comprendere e nell’elaborare anche il contenuto del proprio inconscio ecologico.

Sono molti, infatti, i terapeuti che testimoniano di come spesso le angosce e le preoccupazioni dei propri pazienti siano rivolte alle difficoltà che il nostro Pianeta sta vivendo. Il senso di dolore e di disperazione che molte persone provano in risposta alla progressiva distruzione della Natura si fa sempre più ampio e, a scatenare un forte senso di delusione e di scoraggiamento rispetto alla possibilità di cambiare, è soprattutto la consapevolezza che ciò sia principalmente imputabile all’azione dei propri simili. Ma un cambiamento di rotta è ancora possibile e parte proprio dalla riconquista da parte degli esseri umani del loro legame con la Natura e della loro identità terrestre. È la mancanza di questo legame, sostengono gli ecopsicologi, a scatenare nell’uomo una serie di spiacevoli inclinazioni come egocentrismo, insensibilità, alienazione e, continuano, se ci si ferma ai fenomeni della dimensione intrapsichica e di quella interpersonale, la salute ed il benessere delle persone, e di riflesso quelli dell’ambiente, non potranno mai essere pienamente compresi e raggiunti.

Se al mondo naturale viene concessa un’anima, allora dobbiamo estendere la metafora dell’interiorità al mondo stesso. Per contattare l’anima è necessario ancora andare dentro, ma questa interiorità, come sostiene Hillman, non è ristretta al soggetto umano. Noi possiamo, con una coscienza sintonizzata, trovare l’interiorità nel mondo che ci circonda in modo che, quando avanziamo nel mondo, possiamo vedere noi stessi mentre camminiamo attraverso l’anima del mondo

Quello che l’Ecopsicologia chiede a gran voce è una profonda revisione del concetto che abbiamo di coscienza umana e di salute mentale. I modelli oggi dominanti rispetto alla coscienza dell’essere umano lo definiscono come un’entità isolata e frammentata che vive in un universo meccanico privo di scopo. Questo modello della realtà umana è un prodotto dell’era scientifico-industriale che, in questo momento, sta fortemente gravando sul Pianeta. È necessario, pertanto, ridefinire la nozione di salute mentale per includere anche la nostra casa planetaria. La psicologia e la psicoterapia di oggi, ha detto Theodore Roszak, si fermano ai confini della città, come se l’anima potesse salvarsi mentre la biosfera va in frantumi. Un essere umano davvero sano e maturo sviluppa in modo naturale una responsabilità etica verso la Terra.

La riflessione psicologica promossa dall’Ecopsicologia, perciò, viene spinta su un piano più ampio, quello planetario, perché in un mondo di intricate relazioni qual è il nostro risulta imperante partire dalla considerazione del tipo di rapporto che gli esseri umani intrattengono con tutti gli altri ecosistemi esistenti. Come ha riconosciuto il filosofo e psicoterapeuta americano James Hillman, “la psicologia deve svegliarsi a una delle più antiche verità sull’uomo: non possiamo essere studiati o curati separatamente dal pianeta”.

Ma la possibilità di accedere e, soprattutto, elaborare il contenuto del proprio inconscio ecologico richiede prima di tutto un’estensione del proprio senso di identità. Ed è qui che entra in campo un altro elemento chiave dell’impostazione ecopsicologica, ovvero il concetto di identità ecologica.

Anche quello dell’identità, naturalmente, non è un concetto nuovo in Psicologia e, anzi, lo si può considerare come uno dei suoi capisaldi. Lo studio e l’esplorazione della soggettività, infatti, al di là delle differenze teoriche, è centrale in tutti gli approcci psicologici. Quali sono i limiti della mia soggettività? Dove finisco io e dove inizia l’altro? E fino a cosa posso allargare questo “altro”? Quanto oltre la mia coscienza si estende la mia identità? Domande del genere diventano indispensabili per un’accurata indagine umana.

“Qualunque cosa io pretenda essere “me” – ha detto James Hillman – ha almeno una parte delle sue radici oltre la mia coscienza”. È necessario quindi, sostengono gli ecopsicologi, che l’essere umano smetta, per usare un’espressione dello scrittore e filosofo inglese Alan Watts, di pensare se stesso come un “ego incapsulato nella pelle”. Se vogliamo essere più ecologici, quindi, dobbiamo come prima cosa sentirci più ecologici. E per fare questo è necessario sviluppare una forte identità ecologica, intesa come un ampliato senso di sé capace di comprendere tutte le forme di vita, gli ecosistemi e la Terra stessa.

L’identità ecologica si riferisce a come la gente percepisce se stessa in relazione alla natura, come esseri viventi e respiranti connessi con i ritmi della terra, i cicli biogeochimici, la grande e diversa complessità dei sistemi ecologici. L’acquisizione di una personalità ecologica si verifica quando una persona impara a riflettere, a discutere e infine a interiorizzare l’impatto personale e pubblico delle esperienze ambientali, a farlo nella vita privata e pubblica, in ambienti urbanizzati e all’aperto.

L’identità ecologica, quindi, descrive come estendiamo il senso di noi stessi in relazione alla Natura. Nel momento in cui iniziamo a concepire livelli di identificazione sempre più ampi con ciò che è fuori di noi, può avvenire una realizzazione dell’interdipendenza tra noi e le altre forme di vita e, nel contempo, quella di un percorso comune all’interno del Sistema Terra.

Il radicamento in sé di un’identità ecologica spinge l’individuo a guardare la vita da una prospettiva ecologica, rimette spesso in discussione i suoi valori e le sue credenze inducendolo, come inevitabile conseguenza, ad una profonda trasformazione personale in cui la Natura inizia ad assumere un ruolo centrale. Infatti, non più concepita come cosa da sfruttare o conoscere sulla base di sterili definizioni, la Natura diventa, al contrario, soggetto da amare, accudire, conoscere empaticamente e a cui affidarsi per imparare a stare, con saggezza, nel mondo.

Ovviamente, lo scopo dell’acquisizione dell’identità ecologica non è quello di perdere la propria individualità personale, ma piuttosto quello di espandere il proprio livello di consapevolezza sul piano ecologico. Attraverso l’estensione della propria identità, processo chiamato dall’ecofilosofa statunitense Joanna Macy “inverdimento del sé”, possiamo arrivare ad un’identificazione con la Natura tale per cui cominciamo a sentire i danni ambientali come danni causati a noi stessi.

La pratica ecopsicologica. Campi di applicazione ed obiettivi

Flessibile ed aperta ad ogni positiva contaminazione, l’Ecopsicologia è una disciplina che spalanca le porte a scuole di pensiero e a stili di lavoro diversi senza confinare se stessa ad un’impostazione metodologica predefinita e standardizzata. Ovviamente, fa questo senza perdere di vista il proprio senso ed “annacquare” il proprio messaggio ma, tuttavia, mantenendosi ricettiva anche nei confronti del sapere non-scientifico come, ad esempio, quello derivato dagli insegnamenti spirituali, dalla saggezza antica e dalle culture indigene.

Più che ad un approccio che propone un insieme di risposte preconfezionate, andrebbe pertanto considerata una disciplina che offre spunti di riflessione e domande a cui si può cercare di rispondere attingendo a diverse fonti del sapere, sia moderno che antico (quello che fa parte del passato non è per forza antiquato ed inutile!!). Tuttavia, come è naturale che sia, anche il pensiero ecopsicologico parte da alcuni presupposti teorici ben precisi che, in generale, possono essere così riassunti:

Approcci teorici dell'ecopsicologia

La pratica dell’Ecopsicologia, pertanto, non è legata tanto a tecniche specifiche quanto, piuttosto, alla capacità di saper creare attività e percorsi che permettano, ai singoli come ai gruppi, di favorire la sperimentazione di un più profondo senso di integrità personale e di connessione con la Natura. Nello specifico, i principali campi di applicazione sono:

CAMPO PSICOLOGICO. Scopo dell’intervento, che riguarda sia il settore terapeutico che quello della crescita personale, è quello di accompagnare alla scoperta di parti poche conosciute di sé, anche attraverso l’utilizzo di setting e di metafore naturali, e favorire una crescita che permetta di imparare a relazionarsi con se stessi prima, e con gli altri poi. Nel lavoro con i gruppi ci si focalizza, in particolare, sull’allenamento alla relazione di qualità, alla collaborazione, alla valorizzazione dei singoli, alla gestione dei conflitti e all’utilizzo creativo delle potenzialità.

CAMPO EDUCATIVO. Il contributo dell’Ecopsicologia è quello della considerazione e della valorizzazione della dimensione emotiva e sensoriale che permetta, ai bambini e ai giovani, di accostarsi alla Natura non come “cosa” da studiare ma come “essere” vivo sensibile, caratterizzato da una propria identità e capace di relazione empatica. Affinché i bambini possano davvero sentirsi parte integrante della Ragnatela della Natura, infatti, tutte le sue forme – animali, piante, ambienti – devono poter essere loro accessibili in modo diretto. Deve essere offerta loro la possibilità di vedere le mille sfaccettature della Natura in prima persona perché è molto più difficile provare empatia per una creatura che si è sempre e solo vista sulle pagine di un libro o sullo schermo di una televisione o di un computer. Sono le sensazioni più semplici legate alla vista, all’udito, al tatto, all’olfatto e al gusto che hanno gli effetti più profondi sulla sensibilità di un bambino e che, spesso, contribuiscono a far sì che dedichi poi tutta la sua vita alla tutela dell’ambiente.

CAMPO AMBIENTALE. I messaggi allarmistici su cui l’attivismo ambientale ha sempre puntato ormai non funzionano più perché, suscitando scoraggiamento e senso di impotenza, spesso non permettono alle persone di viversi come parte della soluzione. L’intervento ecopsicologico in questo settore, quindi, mira a sensibilizzare gli addetti ai lavori ad un approccio più empatico che, invece di puntare al senso di colpa e al catastrofismo, sappia coinvolgere le persone sulle tematiche ambientali facendo leva sull’amore per la Natura, sulle possibilità d’intervento di ognuno e sulla consapevolezza di poter cambiare le cose.

CAMPO FORMATIVO. La formazione ad orientamento ecopsicologico è rivolta sia ai singoli professionisti del settore psicoeducativo – psicologi, psicoterapeuti, counselor, insegnanti, educatori ecc. – per ampliare la propria modalità di lavoro includendo i principi base dell’Ecopsicologia, sia alle organizzazioni di diverso tipo – aziende, strutture istituzionali, associazioni, realtà comunitarie ecc. – per facilitare la qualità della relazione come presupposto per la collaborazione efficace, il tutto partendo da una crescita dell’autoconoscenza e dall’apertura al cambiamento.

Molti psicologi pensano ancora che i problemi ambientali riguardino gli scienziati ambientali ma, principalmente, i problemi ambientali sono causati dagli atteggiamenti, dai sentimenti e dai comportamenti umani. Non possiamo risolvere questi problemi senza l’aiuto della psicologia e abbiamo davvero bisogno che gli psicologi comincino a lavorare su di essi.

Ambito d’intervento d’elezione, comunque, rimane quello legato alla Psicologia del Benessere, oggi più genericamente chiamato della Crescita Personale, ovvero quella branca della Psicologia che focalizza la propria attenzione sulla “salute psicologica” aiutando le persone nella propria crescita, nello sviluppo del proprio potenziale, nel rafforzamento delle proprie risorse personali e sociali, nella responsabilizzazione verso i propri processi di guarigione, nell’acquisizione di un maggior equilibrio interiore e, in generale, nello sviluppo di uno stato di benessere nei diversi aspetti della propria esistenza. Si tratta di quella parte della Psicologia, dunque, che si impegna nella prevenzione e nella promozione di attività e strumenti volti ad accrescere le condizioni capaci di favorire una duratura salute psicofisica.

Per cambiare la realtà circostante, infatti, il primo passo consiste nel cambiare se stessi. Questo è uno dei punti su cui l’Ecopsicologia insiste molto ma, nel parlare di cambiamento, ciò che tenta di promuovere non è l’idea che si debba essere diversi da ciò che si è ma, al contrario, che sia necessario imparare a “tornare a se stessi” per meglio comprendersi ed accettarsi. Cambiamento, quindi, inteso come riscoperta di sé che, come conseguenza, può permettere di entrare in contatto ed apprezzare la propria unicità e, nel contempo, cercare di comprendere come mettere questa unicità al servizio della collettività.

Nostro primo compito, quindi, deve essere quello di prenderci del tempo per conoscerci, per capire quali sono le nostre doti e trovare poi il modo per realizzarle nel mondo. Si tratta, per usare le parole dell’accademico e scrittore italiano Duccio Demetrio, di un dover essere per sé, innanzitutto, per meglio essere e fare per gli altri. Certo non tutti siamo destinati a lasciare il segno nella Storia e il contributo che possiamo dare non deve necessariamente essere un’opera grandiosa. Ognuno di noi, però, ha qualcosa di prezioso da donare al mondo e, con piccole azioni, può contribuire a fare andare il mondo in una direzione piuttosto che in un’altra.

Come insegna l’etica buddhista, infatti, il mondo non si cambia con le grandi rivoluzioni o con grandi gesta di attivismo, ma riconoscendo con consapevolezza gli effetti di ogni nostra azione. Se lo scopo che desideriamo raggiungere è l’armonia ecologica che porta ad una società sostenibile, ciascuno di noi può prendere questo concetto e tradurlo in pratica a seconda dei propri doni e delle proprie abilità peculiari. Il medico che guarisce con le erbe, il vasaio che usa l’argilla naturale, l’attore che impersona i valori dell’armonia ecologica, il droghiere che vende alimenti naturali, il terapeuta che aiuta gli altri a capire quale sia il loro legame con la Natura, l’operatore ecologico che separa e ricicla i nostri rifiuti… Tutti siamo importanti per l’armonia ecologica quanto gli attivisti politici.

Non si tratta, come ha scritto James Hillman nel suo libro Il Codice dell’Anima (Ed. Adelphi), di cosa facciamo ma di come lo facciamo. L’invito rivolto a ognuno di noi, quindi, è quello di entrare dentro di sé per scoprire ed attivare le risorse personali che possono contribuire a creare un mondo migliore. Possiamo tutti osare di diventare una forza attiva nella trasformazione del nostro mondo. Questa è la grande occasione che ci viene offerta e sprecarla sarebbe un peccato.

Il nostro compito è quello di riscoprire noi stessi nella Natura […] O continuiamo a credere che qualcuno o qualcosa ci salverà, mostrandoci la via più facile, o scegliamo il contrario e prendiamo per conto nostro il sentiero difficile. Lo prendiamo, ognuno di noi, con piacere e a modo nostro. E dove o quando ha inizio questo percorso? Comincia esattamente dove ci troviamo in questo momento, quando guardiamo fino a vedere il mondo come uno specchio; quando scopriamo che il nostro senso di libertà e di autenticità è collegato al benessere e all’autenticità degli altri, inclusi gli animali, gli alberi e la terra

Da quanto fin qui scritto, si può comprendere come aiutarci a ricordare chi siamo e invitarci a guardare con occhi nuovi la Natura che ci circonda, rappresentino i capisaldi dell’intervento ecopsicologico. L’obiettivo è quello di innescare nell’individuo un processo che permetta di ripristinare, a tutti i livelli, la sua riconnessione con il mondo. Centrale, in questo senso, è il ruolo giocato dalle relazioni. Se, infatti, l’assunto di base è che facciamo parte di un’immensa rete vivente, che lo si voglia oppure no e che ce ne sia o meno consapevolezza, noi siamo in relazione con tutti e con tutto. Inoltre, poiché il mondo fuori è un riflesso di ciò che si ha dentro, nasce l’esigenza primaria di imparare a relazionarsi bene con se stessi come punto di partenza per potersi, poi, relazionare in modo costruttivo con gli altri.

Nel parlare di altri, secondo la prospettiva ecopsicologica, non ci si riferisce solamente agli altri esseri umani ma, in senso molto più vasto, al mondo intero. Viviamo in un intricato intreccio di relazioni che, di conseguenza, diventano l’elemento chiave per attivare un concreto cambiamento. È nel relazionarmi empaticamente a qualcuno – indipendentemente che questo qualcuno sia la mia molteplicità interiore, il mio vicino di casa oppure un albero – che posso imparare a guardare all’interlocutore in modo autentico senza lasciarmi deviare da idee preconcette e stereotipate. Dalla qualità delle relazioni che si riuscirà a creare, quindi, dipenderà la qualità della propria esistenza e, se si saprà vedere il mondo come soggetto e non come oggetto, si sarà spinti, proprio come succede con le persone che si amano, a prendersi cura e a sentirsi responsabili nei confronti di ogni manifestazione della vita.

In generale, comunque, volendo definire con più precisione le tappe di un percorso di crescita ad orientamento ecopsicologico – precisando, però, che si tratta di una mia personale interpretazione – possiamo dire che esso mira al risveglio di una coscienza ecologica e alla riscoperta di sé e del mondo naturale attraverso quattro fondamentali passaggi:

  1. Abbracciare la Natura. Il primo passo è quello di iniziare a rapportarsi all’ambiente naturale e ai suoi molti soggetti con un maggiore senso di empatia e di disponibilità all’apertura per permettere alla Natura di diventare una fonte di benessere e di nutrimento. In questo senso diventano molto importanti le attività naturalistiche e le pratiche di ecoterapia.
  2. Esplorare il proprio mondo interiore. Il secondo passo, contingente al primo, è quello dell’autoconoscenza. Proprio partendo dal funzionamento dei meccanismi e dei processi naturali, si tratta quindi di imparare a conoscere il proprio Ecosistema Interiore e, soprattutto, di iniziare ad apprezzarsi per quello che si è liberandosi dalle sovrastrutture psicologiche limitanti e sabotanti.
  3. Valorizzare il proprio anelito spirituale. Dopo aver conosciuto ed imparato ad osservare con occhi nuovi ciò che si è, diventa essenziale la presa di coscienza di essere parte di qualcosa di più grande. Si tratta, perciò, di risvegliare la consapevolezza spirituale che, come spinta energizzante, ci permette di motivarci all’impegno e all’azione verso noi stessi e il Pianeta.
  4. Espandere il proprio raggio d’azione nel mondo. Compreso di essere un filo importante della Rete della Vita si inizia, non più per senso di colpa ma per vero senso di compartecipazione, ad attivarsi in collaborazione con i propri simili per contribuire alla “custodia” della Madre Terra. 

L’enfasi che l’Ecopsicologia mette sul piano sia “personale” che “planetario” è uno degli elementi chiave, insieme alla Natura come “strumento” di lavoro d’elezione (come setting, come metafora, come soggetto d’interazione), che la contraddistingue dagli altri approcci psicologici. Se manca questo doppio binario di lavoro si sta facendo Psicologia o Ecologia, ma non si sta facendo Ecopsicologia. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’Ecopsicologia, riconoscendo il rapporto di reciprocità tra i processi naturali del Pianeta e l’equilibrio della nostra Psiche, fonda il proprio operato sul rapporto che l’essere umano ha con la Natura mettendo in evidenza che, come dimostrano diversi studi condotti sulle popolazioni indigene, le persone psicologicamente sane hanno un rapporto rispettoso e sostenibile con il mondo naturale di cui sono parte.

Rappresenta, pertanto, un approccio alla guarigione che osserva il corpo e la mente degli individui nel loro rapporto con l’ambiente naturale e l’intera Rete della Vita. Diventa quindi chiaro che questo doppio binario di lavoro, facendo leva sul fatto che in Natura possiamo trovare metafore ed esperienze dirette in grado di ripristinare il nostro livello di benessere, svolge l’importante funzione di promuovere salute psicologica, sostenibilità e comportamenti di conservazione ambientale a diversi livelli, partendo dal singolo individuo per arrivare fino all’intera società.

Insita nella natura umana c’è un amore per la natura e un senso di connessione con l’ambiente, un bisogno della vicinanza di altri esseri viventi che ha le sue radici nel nostro patrimonio genetico. I nostri antenati hanno vissuto per milioni di anni mantenendo uno stretto contatto con la natura che li circondava, e rispettandone i ritmi; non è pensabile che poche migliaia di anni – in termini evolutivi, un periodo di tempo brevissimo – siano bastati a fare piazza pulita di un’esperienza tanto radicata.

Tengo importante sottolineare, infine, che anche se c’è chi presenta l’Ecopsicologia con un taglio più ecologico, non va dimenticato che si tratta di un approccio nato in ambito psicologico, e non a caso. Tutto l’importantissimo lavoro che può essere fatto sul piano ecologico, infatti, non riuscirà a mettere radici profonde nell’individuo e, di conseguenza, non diventerà mai parte della sua quotidianità se, prima, non viene fatto un lavoro di tipo introspettivo volto a facilitare una presa di coscienza di maggiore respiro rispetto se stessi e l’ecosistema Terra di cui si è parte.

NOTA BIBLIOGRAFICA

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